I, 92
Con le lacrime agli occhi si lamenta
Cesto, con me, che col dito lo tocchi,
o Mamuriano. Tutto lo puoi prendere,
se il resto tu possiedi. Ma se manca
un focolare a te, un giaciglio gramo,
o un calice strusciato più di Antiope
o di Chione, puttane miserabili,
se dai fianchi ti scende una gabbana
sordida e stinta e la metà del culo
solo un gallico panno ti ricopre,
se col puzzo ti nutre unicamente
affumicata una cucina e bevi,
prono fra i cani, un'acqua avvelenata,
allora non il culo (perché tale
esser non può quel culo che mai caga)
ma l'occhio tuo superstite col dito
penetrerò senz'astio e senza invidia.
Se vuoi metterlo in culo, o Mamuriano,
cerca, prima, d'avere il ventre sazio.
X, 53
Sono il famoso Scorpo, vanto e gloria
dell' acclamante circo e tua delizia
effimera, tuo plauso, o Roma. Làchesi
piena d'invidia mi ha rapito, quando
ventisette anni avevo. Fece il conto
delle vittorie e mi credette vecchio.
II, 62
E petto e gambe e braccia depilati,
Labieno, tu offri alla tua amica e poti
senza pietà (lo sanno proprio tutti!)
il pelame al tuo cazzo tonsurato.
Ma il culo ben rasato a chi lo doni?
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